Pregare conta

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A volte qualcuno mi racconta, stupito, che, durante un momento di preghiera, ha colto vicina a sè la presenza del Signore. Altre volte c’è chi si meraviglia di avere chiesto intensamente un dono dall’Alto e di avere ottenuto sul serio un segno dalla provvidenza e dalla misericordia di Dio. Oppure ci si ritrova a celebrare un sacramento come l’unzione dei malati e a constatare che dopo quella celebrazione le cose cambiano… Altre volte invece ascolto racconti di preghiere che si sono infrante di fronte al silenzio di Dio, un silenzio così lancinante da aprire strade al dubbio… Ma cos’è la preghiera, come si prega? Sono queste le domande che vorremmo rimettere al centro della nostra vita di comunità. Queste poche righe servono solo per riproporre il tema.
Quando pensiamo alla preghiera subito ci viene in mente il domandare, anche perché, in italiano pregare significa chiedere a uno qualcosa… Per i cristiani questo non è il centro della preghiera.
Per noi la preghiera è il luogo della conoscenza di Dio nostro Padre, il momento dell’intimità con Lui.

“La preghiera è adattamento dell’uomo all’ambiente divino, vita davanti a Dio e con Dio, relazione con Dio. Nella preghiera il cuore, cioè il centro della persona, si concentra su Colui che gli parla, che lo chiama, e così si decentra da sé entrando nel movimento dell’ “estasi”, dell’uscita da sé per conoscere e incontrare il Signore. Così avviene la preghiera: come costante e interminabile itinerario del credente verso il suo Dio”.
(Enzo Bianchi)

I nostri momenti di preghiera sono spesso una riflessione interna a noi stessi: ripenso a cosa mi sta succedendo, a come stanno andando le cose, a come è andata la giornata… non è ancora questa la preghiera, anche se questo movimento verso l’ interiorità è indispensabile.
Ma la preghiera inizia quando esco dal mio pensiero e Mi rivolgo al Padre.
Come si fa? Ancora Enzo Bianchi:

” La preghiera cristiana è innanzitutto la faticosa e quotidiana lotta per uscire dalle immagini che noi abbiamo costruito di dio per andare verso il Dio rivelato nel Cristo crocifisso e risorto, vera immagine di Dio consegnata all’umanità “.

Ogni preghiera realmente cristiana è ascolto, uscita da se stessi, conoscenza più vera di Dio, risposta. La preghiera che facciamo insieme in chiesa è sempre suscitata dall’ascolto. E la preghiera del mattino e della sera? E il rosario, magari recitato mentre facciamo altre cose? Diventa una preghiera vera tutte le volte che ci aiuta a sentire il Signore vicino, a ricordare le sue parole e la vita di Gesù, e ci fa chiedere non una forza magica che risolva i problemi, ma il dono che toglie il male dal cuore e la luce per spendere bene la nostra unica vita.

don Paolo

Il Dio che parla e i nostri “Ma”

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” Se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo, se invece muore porta molto frutto ” (Gv. 12,24)
Quando Gesù vuole preparare i suoi a capire qualcosa della sua morte e resurrezione, usa questo esempio, che i suoi occhi puri vedono nella natura intorno.
La morte del chicco di grano è il preludio alla spiga.  Gesù sa che la sua morte apre una strada di vita.
Noi cristiani crediamo nella Pasqua di Gesù, nella sua morte e resurrezione. Crediamo in quella tomba vuota, segno dell’unica vera vittoria dell’umanità.
Crediamo, con tutta la chiesa, in questo evento che ci permette ancora oggi di sperimentare la compagnia di Gesù  nella nostra vita.
Ogni volta che entriamo nell’intimo di noi stessi e ci poniamo di fronte al mistero della nostra vita e della nostra morte (perché è solo in questa zona del nostro spirito che lo Spirito di Dio può parlarci) sperimentiamo nei pensieri e nel cuore di non esser soli.
Quel Gesù di Nazareth ci è ancora vicino e ci parla nel suo vangelo, nella comunità dei credenti, nei fatti e negli incontri della nostra storia.
E se ascolti, questa Parola ti dirà e darà sempre pace. ” Pace a voi ” dice come prima Parola il risorto.
Pace nel cuore perché “Sia che viviamo sia che moriamo siamo del Signore”. Nulla potrà portare la nostra vita nel baratro e nella disfatta, se ci abita questa Parola.
E’ la nostra certezza. Ma… Quanti “ma” nella testa dell’uomo! Ci sono dei “ma” di Natale e dei “ma” di Pasqua:”Ma può Dio, il Dio origine e fonte di ogni cosa farsi così piccolo come lo contempliamo a Natale, tanto piccolo da diventare come ogni altro bimbo che è sulla terra?
“Ma può succedere dentro alla nostra storia che Dio compia una cosa così grande come è la resurrezione di un morto, lo svuotamento di una tomba?” E poi ci sono tanti altri “ma”…
“…ma in questo modo noi condanniamo Dio al silenzio,  non gli concediamo mai la parola, non gli concediamo mai di parlarci; perché quando Egli usa il linguaggio di noi uomini, anzi di un bambino che nasce, come a Natale, noi lo troviamo troppo piccolo,sproporzionato per difetto…E quando Lui, Dio, a Pasqua usa il suo linguaggio, il linguaggio dei morti che risorgono, noi lo troviamo troppo grande, sproporzionato per eccesso. E così noi ci priviamo della parola di Dio, che è Parola vera, parola che chiede di entrare in noi con la fede. Così siamo abbandonati alle parole degli uomini, che imbrogliano, che intontiscono…
I più felici tra noi sono quelli che ascoltano la Parola di Dio: quella di Natale, quella di Pasqua, quella di tutti i giorni. Ascoltano e credono alla Parola di Dio e sono più felici,perché più vicini a Dio e lontani dalla Morte.”
(P. Colombo)

Una vicinanza che non ci fa fuggire dalla vita con-creta (cioè la vita che si impasta nella terra, nella creta di questo mondo).
Le dà un senso nuovo. E la forza di amare.

Buona Pasqua

don Paolo

Secondo natura o contro natura

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Non voglio parlare di ecologia e di ambiente, problema che comunque sempre più ci coinvolge. Nè tanto meno di omossessualità o cose del genere. Vorrei partire da un detto contadino che suona così” L’è nèd cavàl l’à da fèr al cavàl” ovvero: “è nato cavallo e deve fare il cavallo”.
Nella mia campagna si usa questa espressione per dire che ogni cosa è fatta per un suo scopo: non posso zappare con il martello né piantare chiodi con un forcale! Se provo a farlo, sperimenterò solo frustrazione. Sta alla sapienza del contadino usare il mezzo giusto al momento giusto e non costringere nessun attrezzo ad andare “contro la propria natura”. Lasciamo la metafora. Anche l’uomo ha un percorso “secondo natura” da seguire. E mi viene da pensare che finchè non segue la sua natura l’uomo avrà sempre una strana sensazione di spossatezza e di insoddisfazione, come quella che può provare chi pianta chiodi con un forcale! Vorrei gridare da questa povera pagina che l’uomo usa se stesso secondo natura quando riscopre l’antico progetto su di lui: E Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”. Il Bimbo del Natale che noi chiamiamo “Figlio di Dio” è vera immagine e somiglianza di Dio.
E’guardando a quel Bimbo, alla sua vita e alla sua morte che vedo cosa è “secondo la natura dell’uomo”, cosa è “vivere secondo il suo senso”.
E la resurrezione di Gesù rende chiaro che la natura dell’uomo non è fatta per rimanere nella morte, ma per entrare in una vita senza fine.
Gesù di Nazareth è salvezza per l’uomo proprio perché ci insegna e ci dà forza per vivere “secondo la nostra natura”, aprendo Lui la strada, stretta ma vera.
Il vivere secondo natura proposto da Gesù ha due  dimensioni fondamentali: il rapporto con Dio, che è Padre fedele e misericordioso, e il rapporto con gli altri che sono fratelli, sempre.
Vive secondo natura chi pone la sua forza in queste due direzioni, uscendo da quell’egoismo che sarà sempre l’opposto del Natale.
Il vescovo di Molfetta, d. Tonino Bello alcuni anni fa scriveva: ” Non obbedirei al mio dovere di vescovo, se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo. Io, invece, vi voglio infastidire.
Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario…
Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli! Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio. Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, au n marocchino, a un povero di passaggio. Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita; il sorpasso, il progetto dei vostri giorni;, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate…”
Poi il testo continua con una forza che ho quasi paura a riportare…Parole difficili? Ma la notte di Natale ci sentiremo dire che la “grazia apportatrice di salvezza (cioè Gesù) ci insegna a vivere con sobrietà, giustizia e pietà, in questo mondo” e qui c’è pace.
Poi il testo continua con una forza che ho quasi paura a riportare…Parole difficili? Ma la notte di Natale ci sentiremo dire che la “grazia apportatrice di salvezza (cioè Gesù) ci insegna a vivere con sobrietà, giustizia e pietà, in questo mondo” e qui c’è pace.

don Paolo

La Messa delle 11 di ogni Domenica mattina

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E’ l’appuntamento decisivo della comunità cristiana che vive a Padulle. Scrivo per invitavi a questo appuntamento, per dire a tutti che è un momento di vera pace e forza. È la cosa più bella che abbiamo noi cristiani e vogliamo condividerla. La messa la potremmo raccontare in quattro momenti:
ACCOGLIENZA
C’è posto per tutti nella nostra chiesa, anche perché l’accoglienza non la fa il numero di sedie. Alla messa delle 11.00 ci andiamo noi “pubblicani e peccatori” per stare con Lui, che è il Figlio di Dio. E’ il Signore che accoglie e che non ha paura della nostra distanza da Lui. C’è posto per tutti nella nostra chiesa, anche perché l’accoglienza non la fa il numero di sedie. Alla messa delle 11.00 ci andiamo noi “pubblicani e peccatori” per stare con Lui, che è il Figlio di Dio. E’ il Signore che accoglie e che non ha paura della nostra distanza da Lui.
ASCOLTO
Lui ci parla. Il primo libro che apriamo ogni Domenica è la Bibbia. Leggiamo quelle parti che ci consegna la Chiesa di domenica in domenica. La certezza che sta nel cuore di chi viene alla messa delle 11.00, è che la Parola proclamata viene da Dio stesso (non dal Prete o dal Vaticano): una Parola che può “far luce” e liberare la nostra vita dall’inganno e dalla paura.
Se venite a Messa delle 11.00, veniteci con curiosità: come fa chi ha voglia di sentire qualche notizia nuova. E se io o altri non siamo entusiasti comunicatori della Parola nuova di Dio, perdonateci. Il torto è nostro.
MEMORIA
Il Signore ha detto: “ Fate questo in memoria di me!”. Noi mettiamo sull’altare quel Pane e quel Vino per un atto di obbedienza. Lui ha detto che questa è la sua volontà. Quel Pane e Vino diventano il ricordo dell’ultima cena di Gesù e ci rendono di nuovo presenti alla Croce e Resurrezione Sua.
Il Pane e Vino dell’altare diventano, per volere di Gesù stesso, il dono a noi della Sua vita; diventano il suo corpo e il suo sangue, segni del suo amore per noi; un amore che arriva fino alla morte e che dà vita, perché “chi mangia questo Pane vivrà in eterno”.
Se venite alla messa delle 11.00, veniteci con della fame: con la voglia di lasciarvi amare e consolare da chi sa riempire ogni vuoto. E se io o altri non siamo adoratori gioiosi e commossi di questo Amore così vicino, perdonateci. Il torto è nostro.
TESTIMONIANZA
Il 17 luglio del 180 (1850 anni fa circa) a Cartagine (Africa settentrionale) venivano uccise 9 persone, tra cui Saturnino, un prete, Emerito, un ricco signore nella cui casa si celebrava la Messa, e Felice. Vorrei chiudere prendendo parte dei verbali del loro processo tenutosi a Cartagine davanti al Proconsole Anulino. Furono uccisi perché cristiani e il loro essere cristiani si manifestava andando a Messa. Vorrebbe essere così anche per noi.
Anulino, il proconsole disse a Saturnino: «Hai agito contro le prescrizioni degli imperatori e dei Cesari riunendo tutte queste persone!». E il prete Saturnino rispose: «Abbiamo celebrato l’eucaristia domenicale senza preoccuparci di esse». Il proconsole domandò: «Perché?». Rispose: «Perché l’eucaristia domenicale non può essere tralasciata!». Il pro- console seguitava a domandargli: «Perché agivi contro il mandato imperiale?». E il presbitero rispondeva: «Così ordina la legge, così insegna la legge». . . Rivolto poi a Emerito, il proconsole domandò: «Nella tua casa sono state tenute riunioni contro il decreto degli imperatori?». Emerito disse: «In casa mia abbiamo celebrato l’eucaristia domenicale». E quello: «Perché permettevi loro di entrare?». Replicò: «Perché sono miei fratelli e non avrei potuto loro impedirlo». «Eppure», riprese il proconsole, «tu avevi il dovere di impedirglielo!». E lui: «Non avrei potuto perché noi cristianì non possiamo stare senza l’eucaristia domenicale». . . A Felice il proconsole così si rivolge: «Non far sapere se sei cristiano. Rispondi solo se hai partecipato alle riunioni». Ma Felice ribatté: «Come se il cristiano potesse esistere senza l’eucaristia domenicale o l’eucaristia domenicale potesse essere celebrata senza il cristiano! Non sai dunque, o Satana, che il cristiano trova il suo fondamento nell’eucaristia domenicale e l’eucaristia domenicale nel cristiano così che l’uno non può sussistere senza l’altro? Quando senti il nome di cristiano, sappi che si riunisce con i fratelli davanti al Signore e, quando senti parlare di riunione, riconosci in essa il nome di cristiano. . . Noi abbiamo celebrato la riunione con tutta solennità e sempre ci siamo riuniti per l’eucaristia domenicale e per leggere le Scritture del Signore». Se venite alla messa delle 11,00 a Padulle troverete una comunità cristiana che vuole celebrare la Messa nella stessa fede di questi martiri! E se io o altri non siamo portatori di una testimonianza così chiara, perdonateci. Il torto è nostro.

don Paolo

Pasqua  e Realtà

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Ho assistito casualmente ad una discussione sugli “spigoli arrotondati” delle strutture scolastiche per i bimbi e ho pensato alla Pasqua. Si diceva, in quel contesto, che la mania di togliere ogni difficoltà, ogni rischio, ogni problema reale ai più piccoli può diventare un grande danno educativo: la vita ne presenterà tanti di spigoli, meglio evitare l’illusione che gli spigoli non ci siano! Non entro nel merito. Pensavo, ascoltando, che sono tante le illusioni che sarebbe meglio evitare: l’illusione che la morte non ci sia, quando invece è scritto insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore. L’illusione che forse nella nostra casa non ci saranno difficoltà, quando invece è scritto che cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa fosse essa fondata sulla sabbia o sulla roccia; l’illusione che un amore duri per sempre anche senza custodirlo e alimentarlo ogni giorno con serietà, quando è scritto che nessun fornicatore, o impuro, o avaro – che è roba da idolàtri – avrà parte al regno di Cristo e di Dio. Nessuno vi inganni con vani ragionamenti: per queste cose infatti piomba l’ira di Dio sopra coloro che gli resistono. Ma si può continuare pensando all’illusione di poter vivere di diritti senza assumere i doveri e le responsabilità, fino a chiedere allo stato di sancire il mio diritto di fare quello che voglio in amore come davanti al mistero della vita pur di non soffrire; o all’illusione di portare pace con la violenza o a quell’altra che ci prende in occidente: di poter essere ricchi senza pensare ai poveri e volere che questo sia giustizia….Il nemico di Dio è il “principe della menzogna” capace di generare in noi illusioni che ci portano lontano dalla realtà. Tutte queste illusioni, quelle elencate, ma anche altre, mi portano anche lontano da Dio perché solo se accetto la domanda che mi pone la morte, se accetto la lotta per la giustizia e per l’amore, per il bene e per la pace, se accetto la vita con le sue sfide e i suoi impegni allora potrò avere il posto nel cuore per cercare la parola che Dio dice al mondo nella resurrezione di Gesù, e solo allora la sentirò veramente reale, indubitabile, folgorante e forte. Incontreremo il Dio vero e reale, in questa Pasqua, solo se saremo dei grandi realisti. E ci darà la Sua luce di pace, e la certezza che la nostra vita è preziosa. Chi non è realista non può essere un vero credente. Affogati nell’illusione che la morte sia un problema solo degli altri rischiamo di perdere la forza del grido di vittoria che viene da quella tomba vuota: Cristo è il vivente e possiamo stare con Lui in ogni passaggio della nostra vita. Buona Pasqua

  Vivi la vita

  •  La vita è un’opportunità, coglila.
  •  La vita è bellezza, ammirala.
  •  La vita è beatitudine, assaporala.
  •  La vita è un sogno, fanne una realtà.
  •  La vita è una sfida, affrontala.
  •  La vita è un dovere, compilo.
  •  La vita è un gioco, giocale.
  •  La vita è preziosa, abbine cura.
  •  La vita è una ricchezza, conservala.
  •  La vita è amore, godine.
  •  La vita è un mistero, scoprilo.
  •  La vita è promessa, compila.
  •  La vita è tristezza, superala.
  •  La vita è un inno, cantalo.
  •  La vita è un inno, cantalo.
  •  La vita è un’avventura, corrila.
  •  La vita è felicità, meritala.
  •  La vita è la vita, difendila.

 Madre Teresa di Calcutta

don Paolo

La luce vera quella che illumina ogni uomo

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Il testo della scrittura più importante nella liturgia cristiana nel giorno di Natale è l’inizio del vangelo di Giovanni (il Prologo). A metà del brano si dice:

Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.

Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe.

Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto.

A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio.

La luce vera quella che fa luce fino in fondo, su ogni uomo, nessuno escluso. Ogni uomo ha, in un qualche modo, contatto con questa luce. Una luce non esterna, ovviamente, ma che tocca nella coscienza, nell’intimo della persona. Abbiamo certezza che ogni uomo nella sua più intima profondità sente davvero la presenza di Dio e anche la voglia di lasciarsi afferrare da Lui. Alle volte sentirà quella Luce come chiarezza della vicinanza di Dio, altre volte come dubbio (forse c’è davvero Qualcuno più grande di noi…), a volte anche solo come speranza (magari ci fosse questa luce nelle tenebre della morte…). Ho timore che, per una serie strana di motivi, ciò che sentiamo in rapporto alla Luce della presenza di Dio non lo seguiamo mai, o poche volte. Eppure, oggi, siamo molto attratti dal sentire, anche pericolosamente: …La tal cosa la faccio se me la sento o quando mi sento di farla…, Fai quello che senti,…Perché, mentre siamo così ben disposti a seguire ciò che sentiamo in altri fronti della nostra vita, non lo siamo altrettanto riguardo alla Luce vera che illumina ogni uomo? Cosa ci trattiene dal dare credito al sentire profondo che riguarda Dio e la Sua ricerca? Forse tutti sentiamo che il nostro spirito esige un po’ di tempo, strappato dall’affanno del nostro correre. Forse tutti sentiamo il bisogno di conoscere meglio questo Gesù che in noi è rimasto bambino perché ce lo hanno raccontato quando eravamo bambini e poi non lo abbiamo più cercato. Forse tutti sentiamo il fascino fortissimo del poter vivere con la piena conoscenza del senso della nostra vita e con quelle risposte limpide che solo “da Chi è oltre l’uomo” possono venire con così forte chiarezza…Dice Pascal nei suoi “Pensieri”: “Noi conosciamo la verità non solo con la ragione ma anche con il cuore. È in quest’ultimo modo che conosciamo ciò che è fondamentale per la  vita, e invano il ragionamento, che non vi svolge alcun ruolo, cerca di opporvisi…. I principi si sentono!”  Il mio augurio natalizio allora è questo: che possiamo ascoltare la verità che sente il cuore e accogliere la luce che illumina ogni uomo. Il bambino nato a Betlemme, è il farsi uomo di quella Luce, di quel sentire sussurrato che spesso sopprimiamo senza troppa fatica. A natale, per mezzo della chiesa, ciò che spesso sentiamo in fondo al nostro cuore, si fa sentire nitidamente nel nostro orecchio e canta “ti annuncio una grande gioia: è nato nella tua storia il salvatore; pace all’uomo per sempre amato dal Signore”(vangelo di Luca cap.

don Paolo

Ringraziamento 2006 – di don Paolo

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Capita, ogni tanto, di dire “grazie” in modo consapevole e convinto. Di solito lo si fa distogliendo gli occhi o il pensiero dal dono in sé e guardando negli occhi l’artefice del dono. Il ringraziamento è quell’azione che fa passare la nostra attenzione dal dono al donatore. Quando dico “grazie” per davvero, non accolgo solo il dono, ma accolgo anche il donatore. Il ringraziamento dice allora all’altro che lui ha un posto dentro di me, c’è uno spazio per lui mentre accolgo i suoi doni. Questi pensieri diventano interessanti soprattutto quando mi viene voglia di ringraziare per essere al mondo, o di ringraziare perché altri sono al mondo con me. Io non esistevo, ma ora io sono. Non era scontato che io ci fossi. Chi dobbiamo ringraziare per noi stessi, cioè, per l’esperienza che-noi-siamo e per essere ciò che siamo? A chi dobbiamo la nostra gratitudine? La preghiera più importante dei cristiani, la Messa, è esattamente un atto di ringraziamento, per il nostro esserci e soprattutto per il nostro esserci per sempre, salvati. Anche la morte non toglierà a noi l’esistenza, la “cambierà” soltanto. «Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio» «E’ cosa buona e giusta». L’esordio della Preghiera eucaristica è sempre caratterizzato da una formula che dice il senso della riunione di preghiera: «E’ veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo…». Ringraziare è proprio di chi si sente gratuitamente creato, amato, rinnovato, perdonato e salvato per sempre. E’ veramente giusto e doveroso ringraziare Dio “sempre e in ogni luogo”? Capisco l’obiezione di chi ora non ha proprio voglia di ringraziare perché sta attraversando momenti particolarmente bui e ha l’impressione di una vita triste o un po’ fallita o magari troppo dolorosa. Ma la vita di fede mi dà l’esperienza (profonda e forse poco dimostrabile ragionando, una specie d’intuizione luminosa che si apre la strada nel  buio quando mi affido a Dio e cerco) che la Sua presenza accanto a me non viene meno e la Sua forza sa fare per me cose grandi anche se io non capisco e fatico a fidarmi. San Paolo nella lettera ai Romani (cap.8) dice:

Che diremo dunque su tutto ciò? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? Chi porterà accuse contro gli eletti di Dio? Se Dio li giustifica, chi li condannerà?  Cristo Gesù è colui che è morto, anzi risuscitato; Egli sta alla destra di Dio e intercede per noi. Chi ci separerà dall’amore di Cristo? la tribolazione o l’angoscia o la fame o la nudità, o il pericolo, o la persecuzione, o la spada? Ma in tutte queste cose siamo più che vincitori per opera di colui che ci ha amato. Poichè io son persuaso che nè morte nè vita, nè angeli nè principati, nè virtù, nè cose attuali nè future, nè potestà, nè altezza nè profondità, nè alcun’altra creatura potrà separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù Signor Nostro.

 

don Paolo

Pasqua 2006 – di don Paolo

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Per fare gli auguri di Buona Pasqua riprendo il Testo di questa poesia scritta da un teologo tedesco,giustiziato dai nazisti nel 1945 per avere complottato contro Hitler.

CRISTIANI E PAGANI

  • Uomini vanno a Dio nella loro tribolazione,piangono per aiuto, chiedono felicità e pane,salvezza dalla malattia, dalla colpa, dalla morte.
  • Così fanno tutti, tutti, cristiani e pagani.
  • Uomini vanno a Dio nella Sua tribolazione,
  • Lo trovano povero, oltraggiato, senza tetto né pane,
  • Lo vedono consunto da peccati, debolezza e morte.
  • I cristiani stanno vicino a Dio nella sua sofferenza.
  • Dio va a tutti gli uomini nella loro tribolazione, sazia il corpo e l’anima del suo pane,muore in croce per cristiani e paganie a questi e a quelli perdona.

 

DIETRICH BONHOEFFER, Resistenza e resa, Queriniana, brescia 1997, pag. 442

Nel suo significato generale il testo vuole evidenziare tre diversi atteggiamenti: quello dell’Uomo verso Dio, quello del Cristiano verso Dio, quello di Dio verso l’Uomo. Uomini vanno a Dio nella loro tribolazione, piangono… Così fanno tutti, tutti, cristiani e pagani. Guardiamo a questo “cristiani e pagani”.I due termini qui non sono in contrapposizione in quanto ricorrere a Dio nella propria sofferenza o nel proprio desiderio di felicità atteggiamento naturale dell’uomo, che  guidato  da una forma, per così dire, istintiva e insopprimibile di religiosità. Questa tensione verso Dio, è quel credere che abita il cuore, ma non incide veramente nelle scelte fondamentali della vita; è di tutti, va coltivato, ma non è ancora la risposta piena al nostro battesimo, non è ancora essere pienamente cristiani. Se ci fermiamo qui non facciamo ancora una buona Pasqua. Uomini vanno a Dio nella sua tribolazione,… I cristiani stanno vicino a Dio nella Sua sofferenza. I cristiani sono tali quando “stanno vicino a Dio nella Sua sofferenza” cioè stanno ai piedi della croce di Cristo e lo amano lì, su quella croce dalla quale si sentono veramente abbracciati, sostenuti, salvati. E quella croce diventa anche il criterio per le scelte del proprio agire quotidiano nei confronti di chi troviamo “povero, oltraggiato, senza tetto né pane, consunto da peccati, debolezza e morte…”. L’adesione alla croce fa sorgere un’umanità rigenerata, amata e amante.  Stare vicino al Dio crocifisso è fare una buona Pasqua; è ciò che chiedo per me e per tutta la nostra comunità, altrimenti tutti rischiamo di essere alla fine un po’ pagani. Dio va a tutti gli uomini nella loro tribolazione, sazia … muore in croce… e a questi e a quelli perdona. Gesù sulla croce perdona tutti. Dio Padre, in Gesù, dona salvezza a tutti, cristiani e pagani. Non fa distinzioni. Nella Pasqua tocca a noi accogliere il Suo dono. Tutto quello che la Chiesa farà in questi giorni di Pasqua (liturgie, preghiere, riti, digiuni e feste…) ha come scopo aiutare ogni uomo a saziare il corpo e l’anima del suo pane, accogliere il perdono e ritrovare forza per vivere del Suo amore. Il “Dio che va a tutti gli uomini…” si fa vicino a noi in questi giorni santi; la nostra piccola comunità diventa luogo della sua presenza rinnovatrice; Il Suo dono è per tutti.

Buona pasqua di cuore.

Don Paolo

All’inizio di un cammino… insieme

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All’inizio di un  cammino… insieme

Il 12 novembre il Vescovo di Bologna, Mons. Carlo Caffarra, mi ha affidato la cura pastorale di questa parrocchia. Vi assicuro di  aver accolto questo  incarico con grandissimo entusiasmo. Sono davvero molto contento; e ringrazio pure dell’attenzione e dell’entusiasmo con cui tanti di voi mi hanno accolto e salutato. Entusiasmo, dunque, almeno da parte mia! bella espressione; viene da due paroline greche che significano en = in e theos = Dio; l’entusiasmo è quella situazione in cui uno si trova quando è, in un qualche modo, in Dio.

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